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Firma digitale

Rubano la firma digitale e si intestano l’azienda di un ignaro imprenditore: scovati dalla Guardia di Finanza

Si procurano una copia indebita della cosiddetta «firma digitale» e, con quella, scippano letteralmente l’azienda a un piccolo imprenditore. La truffa, prima nel suo genere, in Italia, è stata scoperta dagli 007 informatici del Gat, il Nucleo speciale frodi telematiche della Guardia di finanza, impegnati nelle indagini dirette dal procuratore aggiunto di Roma, Nello Rossi, e coordinate dal sostituto procuratore Eugenio Albamonte.

La scena del crimine
Tutto è avvenuto all’interno del sistema informatico delle Camere di Commercio. Protagonisti, un commercialista, un consulente per la sicurezza sul lavoro, una fantomatica società intestata a un’ottuagenaria defunta da circa un anno e facente capo in realtà a un soggetto sconosciuto al fisco da almeno 16 anni. Vittima, un imprenditore (vero, almeno lui), che riteneva di essere «protetto» dalla smart card obbligatoria per le comunicazioni societarie con il registro delle Imprese.

I capi d’accusa
Dopo perquisizioni e sequestri effettuati a Roma e provincia, i tre indagati devono ora rispondere – in concorso tra loro e con la continuazione della condotta – dei reati di sostituzione di persona, false dichiarazioni o attestazioni al certificatore di firma elettronica sull’identità o qualità personali proprie o di altri, falsità in atti pubblici, in scritture private e in documenti informatici.

La banda della firma digitale
«La banda della firma digitale – spiegano gli investigatori – ha operato in barba alle tanto decantate misure di sicurezza e alla invulnerabilità della soluzione tecnologica per l’autenticazione della sottoscrizione degli atti pubblici». Ecco perchè il caso rappresenta «un pericoloso segnale della sicurezza dei dispositivi tecnologici di identificazione», ma al contempo «il successo dell’indagine costituisce una sorta di pietra miliare nello scenario della lotta ai crimini ad elevata connotazione tecnologica».

Quote cedute all’insaputa dell’imprenditore
Gli indagati David Henry Antinucci e Gabriele Baldini, secondo gli investigatori, avrebbero scippato l’azienda a Dazio Bozzetti, titolare della Lprt Immobiliare, dopo essersi procurati, in modo illecito, una copia della sua firma digitale. Bozzetti, come riferito nella denuncia del settembre del 2011, apprese, da una verifica effettuata presso la Camera di Commercio, di aver ceduto la totalità delle quote sociali della sua azienda ad Antinucci. Atti di cessione quote, con contestuale nomina del nuovo amministratore unico, inseriti telematicamente presso la Camera di Commercio attraverso un commercialista con studio a Mentana e con l’attivazione di una smart card elettronica, con firma digitale (obbligatoria per le comunicazioni societarie con il registro delle imprese) intestata a Bozzetti, ma non da lui richiesta. Dalle indagini condotte dai militari del Gat della Guardia di Finanza, è emerso che erano state attivate due smart card, richieste a un’agenzia di servizi di Mentana attraverso uno specifico modulo. Bozzetti non c’era al momento di firmare il modulo perchè la richiesta era stata commissionata attraverso un commercialista.

Le responsabilità del commercialista
I magistrati sono convinti che il titolare dell’agenzia di servizi e il commercialista abbiano peccato di leggerezza, senza far parte del progetto criminoso, quando hanno avviato le pratiche sottoposte alla loro attenzione. Il primo ha ammesso di aver avuto rapporti diretti con Baldini e Antinucci per il rilascio delle due smart card per la firma digitale e di aver appreso da loro che Bozzetti non sarebbe stato presente al momento delle firme perchè impegnato all’estero. Il commercialista, la cui posizione è stata segnalata per motivi disciplinari all’Ordine competente per non aver verificato come genuine (in quanto non apposte alla sua presenza) le firme riferibili ai soggetti interessati all’atto di cessione delle quote sociali, ha spiegato di aver lavorato, in buona fede, sulle carte che gli sono state trasmesse dal titolare dell’agenzia di servizi.

Baldini evasore totale
A seguito di alcune perquisizioni disposte dalla procura, è poi emerso che Baldini risulta esercitare tramite la Pronto Agency srl (intestata alla madre ottuagenaria deceduta nel luglio 2011) l’attività di supporto alle imprese, pur essendo un soggetto totalmente sconosciuto al fisco, qualificabile come evasore totale, non presentando dichiarazione dei redditi da oltre 16 anni. I finanzieri, che hanno setacciato le case dei due indagati, sono poi riusciti a recuperare tutta la documentazione sociale e contabile della Lprt.